COMUNICATO

“NOI NON CI VOLTIAMO DALL’ALTRA PARTE”

In questi giorni e nei prossimi riprenderanno le attività i servizi educativi e le scuole accogliendo bambine, bambini e genitori per un nuovo anno. Queste giornate sono piene di emozioni, entusiasmo e aspettative per quello che sarà un nuovo o il proseguimento di un percorso di crescita, di accompagnamento allo sviluppo, di novità.

Tutto ciò però non potrà essere vissuto dalle bambine e dai bambini dei Paesi in guerra, in particolare Gaza e Kiev.

Per loro è negato il diritto all’educazione e all’istruzione, è negato poter fare esperienze con coetanei, è NEGATO IL DIRITTO ALLA VITA in pieno contrasto con l’art. 6 della Convenzione sui Diritti dell’infanzia e dell’Adolescenza e l’art. 38 che prevede il rispetto delle regole umanitarie e la cura e protezione dei fanciulli.

Quei corpi dilaniati dalla paura, dalla fame, dalle bombe NON possono lasciarci indifferenti. Ancor di più chi si occupa di educazione e tutti i giorni della propria vita professionale è a contatto con bambine e bambini.

Quando guardiamo negli occhi un bambino, quando sfioriamo con una carezza il suo corpo non possiamo non vedere i corpi dilaniati dei bambini di GAZA, di Kiev e di qualunque altro posto del mondo ove le guerre incombono e distruggono persone e territori. Le immagini che riceviamo dalle organizzazioni umanitarie e dai giornalisti che sono sul posto, a rischio della propria vita, ci inorridiscono, sono raccapriccianti.

Tutto questo nel silenzio della politica forte del mondo! Perché non possiamo accettare che finora non si sia giunti a trovare possibilità di interrompere questo genocidio. Perché tale è.

Allora noi che educhiamo, che incontriamo bambine e bambini con le loro famiglie tutti i giorni non voltiamoci dall’altra parte, ma creiamo quella forza di cui siamo capaci affinché ci sia l’ascolto per interrompere questa barbarie della vita umana.

Non basta ripeterci “siamo umani” occorre che ognuno di noi, in base alle proprie capacità, si prenda la responsabilità di dire BASTA.

Si invitano, pertanto, tutte le strutture educative da 0 anni in poi a voler essere protagonisti:

  • affiggendo all’ingresso dei servizi e delle scuole uno striscione in cui si dichiari “Noi siamo con le bambine ed i bambini. STOP alla guerra”
  • si creino occasioni di incontri con i genitori, le colleghe e i colleghi per parlare di ciò che succedendo in particolare a Gaza
  • si creino alleanza nei territori con Istituzioni, Associazionismo e Società Civile per portare ovunque e forte la voce di BASTA ALLA GUERRA
  • partecipare alle tante iniziative e manifestazioni
  • si chiede di invitare a sottoscrivere il presente comunicato a organizzazioni, scuole, genitori, educatrici, coordinatrici, singole persone (troverete il comunicato online sul sito del Gruppo
  • Nazionale Nidi e Infanzia – www.grupponidiinfanzia.it|

NON VOLTIAMOCI DALL’ALTRA PARTE, SVEGLIAMO LE NOSTRE COSCIENZE, AGIAMO IL NOSTRO SAPERE EDUCATIVO PER TUTTA L’INFANZIA DEL MONDO AFFINCHE’ OGNI BAMBINO POSSA GODERE DEI SUOI DIRITTI FONDAMENTALI

Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia – Via Cà Selvatica 7 40123 Bologna
www.grupponidiinfanzia.it-grupponazionalenidiinfanzia@gmail.com

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Non è un film e tutti lo sappiamo.

Buonasera.
Adesso che i termini impronunciabili sono sulla bocca di (quasi) tutti, assistiamo attoniti, impotenti e complici a ciò che sta avvenendo in Terra santa.
Mi è stato chiesto di portare questa sera un testo di spiritualità, una preghiera per aprire le porte della Mostra del Cinema al disumano massacro in corso a Gaza.
Ascoltate la supplica di mons. Sabbah, patriarca emerito di Gerusalemme, che prega ogni mattina con il coraggio della parresia:

Sul baratro della carestia, non resta che contare su di te, Signore, perché c’è bisogno di tutto.
Chi sfamerà i nostri piccoli che da mesi non mangiano? 
Non senti, Signore, il grido dei nostri bambini?
Il loro pianto arriva ai tuoi orecchi?
Sono migliaia i sopravvissuti alla carneficina, feriti e dispersi. 
Da tutta la Striscia di Gaza gridano a te,
perché nessuno riesce ad acquietare il loro pianto. 
Signore, nessuno sembra indignarsi.
Ricordati di noi in questi giorni di angoscia.
A Gaza non è una guerra, è un piano di transfert e di genocidio,
per lasciare tombe e macerie
e accogliere i nuovi coloni.
Dichiarano il loro disegno per eliminarci. Decidono questo, Signore;
il mondo continua a difenderli e non ascolta gli appelli delle Nazioni Unite. 
Quando potremo tornare alla normalità?
E quando ritorneranno all’umanità coloro che non smettono di uccidere?”

Mi sono anche state chieste parole alte sul genocidio a cui stiamo assistendo. Le parole più alte -dovremmo ricordarlo sempre- devono restare quelle della più alta autorità che laicamente onoriamo e custodiamo: le Nazioni Unite.

Ecco l’ultimo intervento di Tom Fletcher, sottosegretario generale di OCHA, agenzia ONU per il coordinamento degli affari umanitari, da lui pronunciate il 22 Agosto scorso:

Il tempo delle esitazioni è finito. Questa è una carestia che ci perseguiterà tutti. È una carestia che avremmo potuto prevenire, se ci fosse stato permesso. Perché si verifica a poche centinaia di metri dal cibo, in una terra fertile. Tutto a causa dell’ostruzionismo sistematico da parte di Israele. E’ una carestia sotto i nostri occhi, che ci chiede: “E ora cosa farete?” E’ una carestia usata come arma di guerra, causata dalla crudeltà, giustificata dalla vendetta, resa possibile dall’indifferenza, sostenuta dalla complicità”

Recita l’articolo 3 della Dichiarazione universale dei diritti umani: “Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza della propria persona”.
Ogni individuo ha questo diritto, che noi, comunità internazionale, abbiamo voluto ribadire nel 1948, dopo l’ecatombe della seconda guerra mondiale.

Il diritto alla vita e alla sicurezza lo avevano il 7 ottobre 2023 le circa 1200 vittime israeliane – di cui 16 bambini- del brutale attacco di Hamas. Lo hanno gli ostaggi israeliani che ancora attendono di essere restituiti alle loro famiglie.

Lo avevano le 62.000 persone palestinesi della Striscia di Gaza (e purtroppo sappiamo che il conto è molto più alto, perché migliaia di persone sono ancora sotto le macerie), di cui 18.000 bambini, che sono state uccise dall’esercito israeliano dopo quel giorno, in un’escalation di violenza e distruzione da parte dell’esercito di occupazione che va contro ogni ‘principio di umanità, di proporzionalità, di distinzione e di precauzione’, cardini del diritto internazionale umanitario.

Il diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza, per chi vive nel Territorio palestinese occupato (che oltre a Gaza comprende la Cisgiordania e Gerusalemme est), è minacciato da oltre settant’anni: è una terra fatta a pezzi da quello stato occupante che dovrebbe garantirne l’integrità.
Non solo Gaza, non solo dove governa Hamas, non dal 7 ottobre 2023, ma prima e dopo, in tutto il Territorio palestinese occupato si sta compiendo un preciso disegno di pulizia etnica iniziato con la Nakba del 1948, un tassello di quel colonialismo di insediamento alla base del sionismo.

Tutto questo poteva non essere, ed è.

Può essere fermato e non lo stiamo facendo, o non abbastanza: possiamo smettere di inviare armi a Israele, possiamo indurlo al rispetto del diritto, a lasciare che le agenzie Onu, coordinate da Ocha, tornino a soccorrere una popolazione stremata; possiamo renderci conto che finchè non finisce l’occupazione è assurdo e ipocrita ripetere il ritornello dei ‘due popoli, due stati’. Possiamo chiedere davvero una pace nella giustizia, risoluzioni Onu alla mano.
Certamente dobbiamo anche indurre Hamas a porre fine ai suoi atti terroristici: si eviterebbe di aggiungere dolore a dolore… sangue versato a sangue versato.
Da prete che crede fermamente nella nonviolenza attiva, non posso che condannare l’uso delle armi, da qualsiasi parte le si impugni. Da cittadino sostengo la manifestazione che si terrà sabato e tutti i modi pacifici con cui la società civile, in ogni parte del mondo sta ‘disertando il silenzio’ e la scorta mediatica del genocidio, facendo fiorire creativamente azioni di dissenso, partecipazione e impegno.

Ricerchiamo la bussola verso cui orientarci per fermare il massacro, perché si ritorni alla parola, al diritto, all’umanità che tutti ci accomunano.
Per non perdere ancora vite umane. Per non perderci.
Aggrappiamoci ai valori che sottendono i diritti che i nostri padri e nonni hanno formulato: mai più per tutte e tutti, per una vita degna per tutte e tutti.
E con coraggio uniamoci, sempre di più. Perché si fermi tutto questo male.

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C’era una volta, e c’è ancora, una “signora delle comete”. Amalia Ercoli Finzi, prima donna italiana laureata in Ingegneria aeronautica, mamma di cinque figli e della Missione Rosetta, consulente delle più importanti agenzie aereospaziali, non ha dubbi sull’educazione e le discipline STEM. In diverse interviste alla domanda su cosa regalare a una bambina per appassionarla alla scienza risponde: il Meccano! Perché devono montare e smontare le cose… “Purtroppo oggi c’è il concetto che per avviare qualunque macchinario basti schiacciare un bottone, invece bisogna incoraggiare bambine e bambini a sperimentare come funzionano le cose, aprendole e magari rompendole” raccontava a Repubblica qualche anno fa.

Qualche anno fa, qui a Eureka!, abbiamo intrapreso il progetto per un nuovo gioco e abbiamo inventato il Mecchegno. Frutto della collaborazione tra pedagogiste e falegnami, studiato nelle dimensioni per garantirne la maneggevolezza, adatto per essere utilizzato a terra e su tavolo da bambini di diverse fasce d’età. La scelta del materiale non poteva che essere il legno naturale, privo di elementi tossici.

Lo abbiamo sperimentato con successo con i bimbi dei nostri nidi e con i bambini della scuola dell’infanzia Bambini Bicocca, raccogliendo l’entusiasmo della professoressa Susanna Mantovani, Professore Onorario di Pedagogia generale e sociale presso l’Università di Milano-Bicocca, che ha rilasciato una specifica Certificazione Pedagogica: Mecchegno “apre a molteplici modi in cui utilizzare i pezzi che si hanno a disposizione sia liberamente che partendo dalle istruzioni. Attrae bambine/i inizialmente per la possibilità di avvitare e svitare utilizzando le chiavi inglesi di legno”. Pezzo dopo pezzo, il Mecchegno si arricchisce di nuove opportunità di invenzione e costruzione.

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A.S.S.E.MI, azienda sociale sud est Milano, sta promuovendo la rete di accoglienza per l’emergenza Ucraina raccogliendo le disponibilità di privati, imprese ed enti a mettere a disposizione alloggi propri per l’accoglienza di profughi Ucraini. Puoi consultare direttamente l’avviso pubblico e accedere al form predisposto per presentare la disponibiltà di unità abitative.

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E’ ancora molto diffusa l’idea che la violenza abbia a che fare, in qualche modo, con una predisposizione “naturale” propria dell’uomo. Questa idea, oggi riconsiderata nel suo statuto di ipotesi, è sostenuta dal riconoscere i comportamenti aggressivi come fenomeni legati ad un istinto primordiale che permane nell’evoluzione della natura e dell’essere umano.

Negli anni Ottanta del secolo scorso, la questione fu posta in occasione dell’Anno Internazionale della Pace. Su invito dell’Unesco, un numeroso gruppo di studiosi, provenienti da diversi parti del mondi e specialisti di varie discipline, si riunì per analizzare “le più pericolose e distruttive attività della nostra specie, la violenza e la guerra”.

Le conclusioni emerse dal confronto multidisciplinare diedero vita alla Dichiarazione di Siviglia sulla violenza del 1989. Gli studiosi espressero il loro accordo in cinque Proposizioni che possono essere così riassunte: non è scientificamente corretto affermare che la tendenza alla guerra sia una eredità che ci proviene dal mondo animale, che i comportamenti violenti, e quindi la guerra, siano programmati geneticamente nella natura umana, che l’evoluzione umana abbia selezionato il comportamento aggressivo a discapito di altre forme di coesistenza, che gli uomini abbiano un “cervello violento”  e che la guerra sia riconducibile a un istinto.

Ricordare oggi gli argomenti e le conclusioni sancite dal documento dell’Unesco significa richiamare alla responsabilità per promuovere e progettare la cultura della Pace, a tutti i livelli, istituzionale, collettivo e individuale. Noi pensiamo che sia nostra responsabilità agire come educatori, convinti che la scuola, a partire dall’infanzia, sia una grande occasione di confronto e di crescita personale. La pace si può apprendere e, quindi, si può insegnare poiché “la stessa specie che ha inventato la guerra può inventare la pace”.

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Cosa cambia? Dal primo marzo 2022 entrerà in vigore il nuovo strumento di sostegno economico alle famiglie per i figli a carico: l’Assegno unico e universale, dal settimo mese di gravidanza al ventunesimo anno di età.

Vediamolo da vicino.

L’intento alla base della ristrutturazione dei sostegni alla genitorialità, come si legge nella comunicazione del Ministero dell’economia e delle finanze è riordinare, semplificare e potenziare le misure a sostegno, insomma razionalizzare le risorse e erogarle in modo equo. L’assegno unico sostituirà, con un’unica prestazione, il premio alla nascita e l’assegno di natalità, più noti come Bonus Mamma domani e Bonus Bebè. Inoltre, non vedremo più in busta paga le detrazioni fiscali per i figli a carico e gli assegni familiari (AFN). Potremo, invece, ancora accedere al Bonus Nido e all’Assegno di maternità concesso dai Comuni e a carico dell’Inps.

L’assegno Unico tende a premiare la genitorialità su base universalistica, nel senso che riconosce un beneficio per ogni figlio a carico a prescindere dalla condizione lavorativa dei genitori, che siano dipendenti, autonomi, disoccupati o percettori di Reddito di Cittadinanza. E a prescindere dalla situazione reddittuale.

Infatti, lo strumento di verifica per la modulazione dell’importo da erogare è l’Indicatore della Situazione Economica Equivalente che misura, oltre al reddito, la condizione patrimoniale. Ma, anche in assenza di questo indicatore, o con un ISEE superiore a 40.000 €, l’assegno minimo è previsto per chiunque ne faccia richiesta per il proprio nucleo familiare dove vi siano minorenni oppure maggiorenni al di sotto dei 21 anni, impegnati in un percorso di studio o di formazione al lavoro. Non avremo più, quindi, le detrazioni fiscali per i figli non autosufficienti concesse, ad oggi, fino ai 24 anni.

Attenzione alle scadenze: se facciamo la domanda entro giugno 2022 riceveremo anche gli arretrati calcolati a partire da marzo. Per le domande presentate dal 1° luglio in poi, invece, la prestazione decorre dal mese successivo a quello di presentazione. Le domande devono essere inoltrate attraverso la procedura online sul sito INPS, in autonomia o con l’assistenza di un CAF.

Difficile capire all’avvio della riforma se sarà effettivamente un sostegno equo per ogni situazione e per ogni fascia di reddito.

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Liberati dall’incubo di perdere il BADGE…

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Il Governo ed il Ministro dell’Istruzione sanno bene che siamo il Paese con le chiusure più lunghe d’Europa e devono evitare che questa situazione si prolunghi ancora il prossimo anno scolastico. Gli effetti di questa politica sono stati drammaticamente testimoniati anche dai risultati dei test Invalsi. Eppure, a metà luglio nulla ancora è stato approntato per garantire che tutte le scuole italiane in ogni grado scolastico, incluse le secondarie di II grado, possano riaprire in presenza con tutte le necessarie garanzie di sicurezza per la salute e le possibilità di apprendimento di bambine/i e adolescenti. Al punto che, nonostante lo stesso CTS ne abbia denunciato l’effetto negativo non solo sugli apprendimenti, ma anche sul benessere psicologico, non viene esclusa la possibilità di un ritorno alla DaD.

È molto grave che, dopo un anno e mezzo di pandemia e due anni scolastici affrontati in modo emergenziale, siamo ancora al punto di partenza.

Bar, ristoranti, piscine, discoteche, turismo sono certo importanti, ma la scuola è indispensabile al Paese. Non è accettabile che in un paese civile, tra i più ricchi al mondo, la preoccupazione prevalente, se la salute pubblica è a rischio, siano le compatibilità con le attività commerciali, non anche e soprattutto l’educazione delle giovani generazioni. Non è solo questione di DaD. Con la didattica a distanza le scuole hanno fatto il massimo per dare continuità alle attività formative, ma la difficile situazione che si è determinata è solo la spia della trascuratezza con cui è stata considerata la scuola negli ultimi decenni, in contrasto con la sua funzione di riduzione delle disuguaglianze sociali nelle possibilità di apprendimento e di sviluppo delle capacità.

Un Paese benestante e ignorante è destinato al declino. La pandemia ha solo peggiorato una situazione già compromessa. Oggi non abbiamo più margini di resilienza. Le perdite di apprendimento e socialità hanno toccato tutti, ma la DaD ha amplificato le disuguaglianze: nella disponibilità di dispositivi, nella adeguatezza delle abitazioni, nelle capacità di sostegno da parte dei genitori, nella qualità e disponibilità di relazioni. Ha anche troppo spesso riprodotto tutti i vizi della didattica trasmissiva. Ripercorrere i passi già compiuti sarebbe oggi irresponsabile, per chi ha il dovere di ridare un futuro a questo paese.

Non possiamo solo sperare, per altro vanamente, che i dati del contagio non crescano. È responsabilità della politica AGIRE oggi sapendo che a settembre saremo in mezzo ad una nuova ondata e garantire da subito le condizioni per la scuola in presenza. Vaccinare è necessario, ma non è sufficiente, tantomeno la panacea per tutti i problemi che vanno affrontati per garantire la scuola in presenza.

La scuola in presenza è l’Opzione zero

Non ci sono alternative efficaci alla scuola in presenza. Questa deve essere sempre la prima opzione ed è  necessario un impegno categorico di tutti gli attori per attuare le misure per garantirla, evitando nuovamente il facile ricorso ad alternative inadeguate.

Un’agenda per uscirne tutte e tutti insieme

Da tutto ciò che non è stato fatto si ricava un’agenda puntuale di impegni, azioni ed opportunità:

NON è stato affrontato in modo sistemico il problema dei trasporti.

NON si è pianificato il rapporto con le ASL, per il tracciamento.

NON si sono cercati gli spazi, pubblici e privati, per moltiplicare le aule e mettere in sicurezza i ragazzi ed il personale.

NON si è ridotto il numero di alunni per classe.

NON si è adeguato l’organico.

NON si è fatto alcun passo avanti per contrastare le disuguaglianze nelle possibilità di fruire efficacemente della DaD, derivanti da condizioni socio-economiche familiari o da condizioni di disabilità.

Il Ministro dell’Istruzione e il governo devono mettere in atto tutti i processi necessari per garantire a partire da settembre e per tutto l’anno scolastico una scuola in presenza di qualità e sicura, che consenta a tutte le studentesse e gli studenti le opportunità di apprendimento e crescita che spettano loro di diritto.

Restano 50 giorni che ci separano dal nuovo anno scolastico. Ci sono 8 settimane, ogni settimana un passo avanti: SI PUO’ FARE! Le risorse finanziarie, professionali e culturali ci sarebbero, solo se si decidesse di dare davvero priorità alla scuola e alle giovani generazioni. Il Ministro ha assicurato il suo impegno in questa direzione. Noi ci impegniamo a un monitoraggio puntuale.

Vanno istituiti subito, in ogni territorio, Patti territoriali di governance in cui le scuole, le altre istituzioni, il terzo settore, il privato disponibile, esplorino tutte le opportunità fornite dal territorio e delineino i piani per garantire l’apprendimento in presenza, tenendo in considerazione tutti i diversi scenari di evoluzione del quadro sanitario.

Va accelerata e completata la campagna vaccinale, per gli insegnanti e gli studenti che ne hanno l’età, secondo le recenti indicazioni del CTS.

Vanno evitate deroghe alla scuola in presenza decise su base locale disattendendo le indicazioni nazionali.

Va data attuazione alle misure contenute nel Patto per la scuola al centro del Paese, siglato tra governo e organizzazioni sindacali per superare le difficoltà endemiche del sistema scolastico.

Infine, va avviata subito una riflessione sistematica sulla scuola, il suo funzionamento, i suoi obiettivi, le sue strutture e un immediato potenziamento dell’offerta educativa di qualità, scolastica ed extra-scolastica, soprattutto nelle aree territoriali oggi più deprivate e in generale nei contesti dove si sono riscontrate maggiori sofferenze sul piano sia degli apprendimenti sia socio-emotivo e relazionale.

20 luglio 2021 COMUNICATO di #EducAzioni

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In questo inizio d’anno è particolarmente difficile esprimere gli auguri utilizzando le formule e i buoni propositi a cui siamo abituati.

Possiamo augurarci un buon anno nuovo? Sì, perché esprimiamo così il desiderio che qualcosa di bene accada. Ma rimaniamo aderenti alla realtà, con lo sguardo attento a ogni cambiamento necessario per continuare a progettare i nostri servizi.

L’anno appena trascorso ci ha dolorosamente traghettato in un mondo diverso. Ha scompaginato gli equilibri tra la dimensione pubblica e quella privata, ha stravolto le nostre vite, il nostro lavoro, le relazioni. Ha messo alla prova le nostre capacità di reazione, di resilienza, di flessibilità difronte a ciò che non ci aspettavamo e che presenta ancora molte incognite. L’impatto della pandemia sul nostro mondo fisico e mentale, a breve e a lungo termine, non è ancora del tutto prevedibile, ma lo affrontiamo, giorno dopo giorno. Con la sensibilità e la competenza richieste, in modo particolare, a chi svolge il lavoro di assistenza, educativo, di supporto alle disabilità e alle fragilità.

Siamo riusciti a non interrompere l’ascolto dei bisogni delle persone che si rivolgono a noi: le famiglie, i bambini, gli anziani e i giovani. Per questo ogni servizio è stato rimodulato, dove inevitabile, con tutti gli strumenti possibili che ci hanno arricchito, insegnandoci nuovi modi di “stare insieme”.

Nel momento in cui il Virus ci ha separato, ci ha chiesto di essere degni del nome di collettività. Quasi un paradosso. Ma è così che è andata. Siamo quindi chiamati a rispondere con responsabilità l’uno verso e per l’altro. E l’augurio è di continuare a farlo insieme. Buon Anno!

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Le festività invernali non sono certo il momento di parlare di diete dimagranti! Proviamo invece a ridimensionare qualche “mito” su ciò che fa ingrassare o dimagrire, tanto per essere più liberi di godere di qualche strappo alle regole e per non cadere nel tranello di diete inefficaci o dannose.

Una dieta dissociata consente di dimagrire ed è più salutare: FALSO!

Escludere in un pasto cibi proteici e in un altro i carboidrati è una teoria senza alcun fondamento scientifico e alla lunga è pericolosa per la salute, a causa dei pesanti squilibri dal punto di vista nutrizionale.

Nelle diete dimagranti la pasta è vietata: FALSO!

Associare la pasta all’aumento di peso e al grasso in eccesso è sbagliato. Essa, infatti, apporta preziosi carboidrati, necessari in ogni dieta equilibrata. La cosa fondamentale è non associarla a sughi troppo elaborati o a condimenti eccessivamente pesanti ed è preferibile utilizzare pasta integrale perché, rispetto alla pasta raffinata, contiene un maggior numero di nutrienti e di fibre e una quantità minore di lipidi.

Saltare qualche pasto fa bene: FALSO!

Saltare i pasti rallenta il metabolismo, rendendo paradossalmente più difficile dimagrire, predispone alla perdita di massa magra e all’aumento di massa grassa. Aumenta il rischio di malnutrizione e di disordini alimentari. A livello pratico, se mangiamo pochissimo o nulla a pranzo poi la sera rischiamo di ingerire una quantità esagerata di calorie.

E sfatiamo infine anche il mito dello zucchero di canna! Non ha meno calorie e non è più “buono”. La molecola dello zucchero bianco e dello zucchero di canna è esattamente la stessa, ovvero il saccarosio. Il secondo contiene anche residui di melassa che gli conferisce il colore più scuro. Quello integrale non subisce il processo di raffinazione ma dal punto di vista nutrizionale non esistono differenze significative.

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