C’era una volta, e c’è ancora, una “signora delle comete”. Amalia Ercoli Finzi, prima donna italiana laureata in Ingegneria aeronautica, mamma di cinque figli e della Missione Rosetta, consulente delle più importanti agenzie aereospaziali, non ha dubbi sull’educazione e le discipline STEM. In diverse interviste alla domanda su cosa regalare a una bambina per appassionarla alla scienza risponde: il Meccano! Perché devono montare e smontare le cose… “Purtroppo oggi c’è il concetto che per avviare qualunque macchinario basti schiacciare un bottone, invece bisogna incoraggiare bambine e bambini a sperimentare come funzionano le cose, aprendole e magari rompendole” raccontava a Repubblica qualche anno fa.
Qualche anno fa, qui a Eureka!, abbiamo intrapreso il progetto per un nuovo gioco e abbiamo inventato il Mecchegno. Frutto della collaborazione tra pedagogiste e falegnami, studiato nelle dimensioni per garantirne la maneggevolezza, adatto per essere utilizzato a terra e su tavolo da bambini di diverse fasce d’età. La scelta del materiale non poteva che essere il legno naturale, privo di elementi tossici.
Lo abbiamo sperimentato con successo con i bimbi dei nostri nidi e con i bambini della scuola dell’infanzia Bambini Bicocca, raccogliendo l’entusiasmo della professoressa Susanna Mantovani, Professore Onorario di Pedagogia generale e sociale presso l’Università di Milano-Bicocca, che ha rilasciato una specifica Certificazione Pedagogica: Mecchegno “apre a molteplici modi in cui utilizzare i pezzi che si hanno a disposizione sia liberamente che partendo dalle istruzioni. Attrae bambine/i inizialmente per la possibilità di avvitare e svitare utilizzando le chiavi inglesi di legno”. Pezzo dopo pezzo, il Mecchegno si arricchisce di nuove opportunità di invenzione e costruzione.
A.S.S.E.MI, azienda sociale sud est Milano, sta promuovendo la rete di accoglienza per l’emergenza Ucraina raccogliendo le disponibilità di privati, imprese ed enti a mettere a disposizione alloggi propri per l’accoglienza di profughi Ucraini. Puoi consultare direttamente l’avviso pubblico e accedere al form predisposto per presentare la disponibiltà di unità abitative.
E’ ancora molto diffusa l’idea che la violenza abbia a che fare, in qualche modo, con una predisposizione “naturale” propria dell’uomo. Questa idea, oggi riconsiderata nel suo statuto di ipotesi, è sostenuta dal riconoscere i comportamenti aggressivi come fenomeni legati ad un istinto primordiale che permane nell’evoluzione della natura e dell’essere umano.
Negli anni Ottanta del secolo scorso, la questione fu posta in occasione dell’Anno Internazionale della Pace. Su invito dell’Unesco, un numeroso gruppo di studiosi, provenienti da diversi parti del mondi e specialisti di varie discipline, si riunì per analizzare “le più pericolose e distruttive attività della nostra specie, la violenza e la guerra”.
Le conclusioni emerse dal confronto multidisciplinare diedero vita alla Dichiarazione di Siviglia sulla violenzadel 1989. Gli studiosi espressero il loro accordo in cinque Proposizioni che possono essere così riassunte: non è scientificamente correttoaffermare che la tendenza alla guerra sia una eredità che ci proviene dal mondo animale, che i comportamenti violenti, e quindi la guerra, siano programmati geneticamente nella natura umana, che l’evoluzione umana abbia selezionato il comportamento aggressivo a discapito di altre forme di coesistenza, che gli uomini abbiano un “cervello violento” e che la guerra sia riconducibile a un istinto.
Ricordare oggi gli argomenti e le conclusioni sancite dal documento dell’Unesco significa richiamare alla responsabilità per promuovere e progettare la cultura della Pace, a tutti i livelli, istituzionale, collettivo e individuale. Noi pensiamo che sia nostra responsabilità agire come educatori, convinti che la scuola, a partire dall’infanzia, sia una grande occasione di confronto e di crescita personale. La pace si può apprendere e, quindi, si può insegnare poiché “la stessa specie che ha inventato la guerra può inventare la pace”.
Cosa cambia? Dal primo marzo 2022 entrerà in vigore il nuovo strumento di sostegno economico alle famiglie per i figli a carico: l’Assegno unico e universale, dal settimo mese di gravidanza al ventunesimo anno di età.
Vediamolo da vicino.
L’intento alla base della ristrutturazione dei sostegni alla genitorialità, come si legge nella comunicazione del Ministero dell’economia e delle finanze è riordinare, semplificare e potenziare le misure a sostegno, insomma razionalizzare le risorse e erogarle in modo equo. L’assegno unico sostituirà, con un’unica prestazione, il premio alla nascita e l’assegno di natalità, più noti come Bonus Mamma domani e Bonus Bebè. Inoltre, non vedremo più in busta paga le detrazioni fiscali per i figli a carico e gli assegni familiari (AFN). Potremo, invece, ancora accedere al Bonus Nido e all’Assegno di maternità concesso dai Comuni e a carico dell’Inps.
L’assegno Unico tende a premiare la genitorialità su base universalistica, nel senso che riconosce un beneficio per ogni figlio a carico a prescindere dalla condizione lavorativa dei genitori, che siano dipendenti, autonomi, disoccupati o percettori di Reddito di Cittadinanza. E a prescindere dalla situazione reddittuale.
Infatti, lo strumento di verifica per la modulazione dell’importo da erogare è l’Indicatore della Situazione Economica Equivalente che misura, oltre al reddito, la condizione patrimoniale. Ma, anche in assenza di questo indicatore, o con un ISEE superiore a 40.000 €, l’assegno minimo è previsto per chiunque ne faccia richiesta per il proprio nucleo familiare dove vi siano minorenni oppure maggiorenni al di sotto dei 21 anni, impegnati in un percorso di studio o di formazione al lavoro. Non avremo più, quindi, le detrazioni fiscali per i figli non autosufficienti concesse, ad oggi, fino ai 24 anni.
Attenzione alle scadenze: se facciamo la domanda entro giugno 2022 riceveremo anche gli arretrati calcolati a partire da marzo. Per le domande presentate dal 1° luglio in poi, invece, la prestazione decorre dal mese successivo a quello di presentazione. Le domande devono essere inoltrate attraverso la procedura online sul sito INPS, in autonomia o con l’assistenza di un CAF.
Difficile capire all’avvio della riforma se sarà effettivamente un sostegno equo per ogni situazione e per ogni fascia di reddito.
Il Governo ed il Ministro dell’Istruzione sanno bene che siamo il Paese con le chiusure più lunghe d’Europa e devono evitare che questa situazione si prolunghi ancora il prossimo anno scolastico. Gli effetti di questa politica sono stati drammaticamente testimoniati anche dai risultati dei test Invalsi. Eppure, a metà luglio nulla ancora è stato approntato per garantire che tutte le scuole italiane in ogni grado scolastico, incluse le secondarie di II grado, possano riaprire in presenza con tutte le necessarie garanzie di sicurezza per la salute e le possibilità di apprendimento di bambine/i e adolescenti. Al punto che, nonostante lo stesso CTS ne abbia denunciato l’effetto negativo non solo sugli apprendimenti, ma anche sul benessere psicologico, non viene esclusa la possibilità di un ritorno alla DaD.
È molto grave che, dopo un anno e mezzo di pandemia e due anni scolastici affrontati in modo emergenziale, siamo ancora al punto di partenza.
Bar, ristoranti, piscine, discoteche, turismo sono certo importanti, ma la scuola è indispensabile al Paese. Non è accettabile che in un paese civile, tra i più ricchi al mondo, la preoccupazione prevalente, se la salute pubblica è a rischio, siano le compatibilità con le attività commerciali, non anche e soprattutto l’educazione delle giovani generazioni. Non è solo questione di DaD. Con la didattica a distanza le scuole hanno fatto il massimo per dare continuità alle attività formative, ma la difficile situazione che si è determinata è solo la spia della trascuratezza con cui è stata considerata la scuola negli ultimi decenni, in contrasto con la sua funzione di riduzione delle disuguaglianze sociali nelle possibilità di apprendimento e di sviluppo delle capacità.
Un Paese benestante e ignorante è destinato al declino. La pandemia ha solo peggiorato una situazione già compromessa. Oggi non abbiamo più margini di resilienza. Le perdite di apprendimento e socialità hanno toccato tutti, ma la DaD ha amplificato le disuguaglianze: nella disponibilità di dispositivi, nella adeguatezza delle abitazioni, nelle capacità di sostegno da parte dei genitori, nella qualità e disponibilità di relazioni. Ha anche troppo spesso riprodotto tutti i vizi della didattica trasmissiva. Ripercorrere i passi già compiuti sarebbe oggi irresponsabile, per chi ha il dovere di ridare un futuro a questo paese.
Non possiamo solo sperare, per altro vanamente, che i dati del contagio non crescano. È responsabilità della politica AGIRE oggi sapendo che a settembre saremo in mezzo ad una nuova ondata e garantire da subito le condizioni per la scuola in presenza. Vaccinare è necessario, ma non è sufficiente, tantomeno la panacea per tutti i problemi che vanno affrontati per garantire la scuola in presenza.
La scuola in presenza è l’Opzione zero
Non ci sono alternative efficaci alla scuola in presenza. Questa deve essere sempre la prima opzione ed è necessario un impegno categorico di tutti gli attori per attuare le misure per garantirla, evitando nuovamente il facile ricorso ad alternative inadeguate.
Un’agenda per uscirne tutte e tutti insieme
Da tutto ciò che non è stato fatto si ricava un’agenda puntuale di impegni, azioni ed opportunità:
NON è stato affrontato in modo sistemico il problema dei trasporti.
NON si è pianificato il rapporto con le ASL, per il tracciamento.
NON si sono cercati gli spazi, pubblici e privati, per moltiplicare le aule e mettere in sicurezza i ragazzi ed il personale.
NON si è ridotto il numero di alunni per classe.
NON si è adeguato l’organico.
NON si è fatto alcun passo avanti per contrastare le disuguaglianze nelle possibilità di fruire efficacemente della DaD, derivanti da condizioni socio-economiche familiari o da condizioni di disabilità.
Il Ministro dell’Istruzione e il governo devono mettere in atto tutti i processi necessari per garantire a partire da settembre e per tutto l’anno scolastico una scuola in presenza di qualità e sicura, che consenta a tutte le studentesse e gli studenti le opportunità di apprendimento e crescita che spettano loro di diritto.
Restano 50 giorni che ci separano dal nuovo anno scolastico. Ci sono 8 settimane, ogni settimana un passo avanti: SI PUO’ FARE! Le risorse finanziarie, professionali e culturali ci sarebbero, solo se si decidesse di dare davvero priorità alla scuola e alle giovani generazioni. Il Ministro ha assicurato il suo impegno in questa direzione. Noi ci impegniamo a un monitoraggio puntuale.
Vanno istituiti subito, in ogni territorio, Patti territoriali di governance in cui le scuole, le altre istituzioni, il terzo settore, il privato disponibile, esplorino tutte le opportunità fornite dal territorio e delineino i piani per garantire l’apprendimento in presenza, tenendo in considerazione tutti i diversi scenari di evoluzione del quadro sanitario.
Va accelerata e completata la campagna vaccinale, per gli insegnanti e gli studenti che ne hanno l’età, secondo le recenti indicazioni del CTS.
Vanno evitate deroghe alla scuola in presenza decise su base locale disattendendo le indicazioni nazionali.
Va data attuazione alle misure contenute nel Patto per la scuola al centro del Paese, siglato tra governo e organizzazioni sindacali per superare le difficoltà endemiche del sistema scolastico.
Infine, va avviata subito unariflessione sistematica sulla scuola, il suo funzionamento, i suoi obiettivi, le sue strutture e un immediato potenziamento dell’offerta educativa di qualità, scolastica ed extra-scolastica, soprattutto nelle aree territoriali oggi più deprivate e in generale nei contesti dove si sono riscontrate maggiori sofferenze sul piano sia degli apprendimenti sia socio-emotivo e relazionale.
In questo inizio d’anno è particolarmente difficile esprimere gli auguri utilizzando le formule e i buoni propositi a cui siamo abituati.
Possiamo augurarci un buon anno nuovo? Sì, perché esprimiamo così il desiderio che qualcosa di bene accada. Ma rimaniamo aderenti alla realtà, con lo sguardo attento a ogni cambiamento necessario per continuare a progettare i nostri servizi.
L’anno appena trascorso ci ha dolorosamente traghettato in un mondo diverso. Ha scompaginato gli equilibri tra la dimensione pubblica e quella privata, ha stravolto le nostre vite, il nostro lavoro, le relazioni. Ha messo alla prova le nostre capacità di reazione, di resilienza, di flessibilità difronte a ciò che non ci aspettavamo e che presenta ancora molte incognite. L’impatto della pandemia sul nostro mondo fisico e mentale, a breve e a lungo termine, non è ancora del tutto prevedibile, ma lo affrontiamo, giorno dopo giorno. Con la sensibilità e la competenza richieste, in modo particolare, a chi svolge il lavoro di assistenza, educativo, di supporto alle disabilità e alle fragilità.
Siamo riusciti a non interrompere l’ascolto dei bisogni delle persone che si rivolgono a noi: le famiglie, i bambini, gli anziani e i giovani. Per questo ogni servizio è stato rimodulato, dove inevitabile, con tutti gli strumenti possibili che ci hanno arricchito, insegnandoci nuovi modi di “stare insieme”.
Nel momento in cui il Virus ci ha separato, ci ha chiesto di essere degni del nome di collettività. Quasi un paradosso. Ma è così che è andata. Siamo quindi chiamati a rispondere con responsabilità l’uno verso e per l’altro. E l’augurio è di continuare a farlo insieme. Buon Anno!
Le festività invernali non sono certo il momento di parlare di diete dimagranti! Proviamo invece a ridimensionare qualche “mito” su ciò che fa ingrassare o dimagrire, tanto per essere più liberi di godere di qualche strappo alle regole e per non cadere nel tranello di diete inefficaci o dannose.
Una dieta dissociata consente di dimagrire ed è più salutare: FALSO!
Escludere in un pasto cibi proteici e in un altro i carboidrati è una teoria senza alcun fondamento scientifico e alla lunga è pericolosa per la salute, a causa dei pesanti squilibri dal punto di vista nutrizionale.
Nelle diete dimagranti la pasta è vietata: FALSO!
Associare la pasta all’aumento di peso e al grasso in eccesso è sbagliato. Essa, infatti, apporta preziosi carboidrati, necessari in ogni dieta equilibrata. La cosa fondamentale è non associarla a sughi troppo elaborati o a condimenti eccessivamente pesanti ed è preferibile utilizzare pasta integrale perché, rispetto alla pasta raffinata, contiene un maggior numero di nutrienti e di fibre e una quantità minore di lipidi.
Saltare qualche pasto fa bene: FALSO!
Saltare i pasti rallenta il metabolismo, rendendo paradossalmente più difficile dimagrire, predispone alla perdita di massa magra e all’aumento di massa grassa. Aumenta il rischio di malnutrizione e di disordini alimentari. A livello pratico, se mangiamo pochissimo o nulla a pranzo poi la sera rischiamo di ingerire una quantità esagerata di calorie.
E sfatiamo infine anche il mito dello zucchero di canna! Non ha meno calorie e non è più “buono”. La molecola dello zucchero bianco e dello zucchero di canna è esattamente la stessa, ovvero il saccarosio. Il secondo contiene anche residui di melassa che gli conferisce il colore più scuro. Quello integrale non subisce il processo di raffinazione ma dal punto di vista nutrizionale non esistono differenze significative.
Immaginate l’espressione di un bambino davanti a una stravagante zucchina panciuta, ricoperta di morbidi aculei e pensate cosa potete raccontargli su questo curioso ortaggio. Già il nome esotico lo sorprenderà: Chayote che si pronuncia cia-io-te. Il nome spagnolo forse glielo ha dato un marinaio di ritorno dal Messico. E forse il marinaio viaggiava su un vascello guidato dal capitano Hernán Cortés, uomo molto pericoloso, vissuto cinquecento anni fa. E sì, la nostra zucchetta pelosa viene da lontano, dall’altra parte dell’Atlantico. Ma anche in Italia ha trovato un terreno e un clima accoglienti, ha viaggiato cambiando spesso nome e oggi è così poco conosciuta che rischia di sparire tra le migliaia di varietà di piante che già non esistono più.
Parente stretto di meloni, zucche e cetrioli è un ortaggio dolcissimo e prezioso per le proprietà nutrienti. Ricco di vitamine, dalla C alla B9, più conosciuta come Acido Folico, importantissimo per la formazione delle cellule e quindi per le mamme in attesa. Al suo interno assomiglia a una patata ma è poco calorico e fornisce un gustoso apporto di proteine.
In cucina si presta a molte ricette e preparazioni, dolci e salate, tutte quelle che fareste utilizzando appunto patate, zucche o zucchine. Scoprirete che piace molto ai bambini ma, purtroppo, non è facile scovare il Chayote nei supermercati o sui banchi del mercato. Lo troverete importato, ad esempio, dal Costa Rica. Troppo lontano per noi. Così abbiamo provato a coltivarlo in Cascina Cappuccina, nel Parco sud di Milano. Risultato eccellente. E’ iniziata la nuova raccolta destinata ai bimbi dei nostri nidi!
Giovedì 22 ottobre. Mi sveglio, mal di testa, brividi, ho una strana sensazione: non sento nessun odore, mi preoccupo. Vedo lo spettro Covid-19 proprio lì davanti. Per prima cosa cerco di organizzare l’aspetto familiare, con tre figlie in età scolare non vorrei certo mettere a rischio una sessantina di bambini e ragazzi. Mi chiudo in camera con pc e telefono e le lascio autogestirsi per una giornata, nel frattempo prenoto un tampone privatamente, in quanto il medico di base non mi risponde e ho fretta di eseguirlo per accertarmi che sia effettivamente il virus e non una banale influenza stagionale.
Venerdì 23 ottobre. Eseguo il tampone presso una struttura ospedaliera e decido di cambiare casa in attesa del referto. Sono fortunata ad avere a disposizione un piccolo appartamento dove posso almeno muovermi e lasciare liberi i miei familiari di stare a casa senza la mascherina addosso.
Domenica 25 ottobre. Viene pubblicato sul mio Fascicolo Sanitario Elettronico il referto del tampone. Si trova su www.fascicolosanitario.regione.lombardia.it al quale si accede tramite SPID oppure con l’App Fascicolo Sanitario…Positivo.
Mi metto più o meno il cuore in pace, è domenica, il medico di base non mi risponderebbe. Nel frattempo tengo sotto controllo i sintomi, non sono gravi e inizio a fare il giro di telefonate ai miei contatti stretti, qualche amica con cui ho cenato il mercoledì precedente e i miei familiari. Dovranno tutti sottoporsi ad isolamento fiduciario per 14 giorni e, se non compaiono sintomi, potranno tornare a uscire tranquillamente, oppure dovranno isolarsi per 10 giorni a partire sempre dall’ultimo contatto con me e sottoporsi a tampone molecolare o antigenico (il famoso test rapido) che, se negativo, permette il ritorno alla “normalità”.
Lunedì 26 ottobre. Giornata passata al telefono: chiamo la scuola delle bambine avvisando che saranno assenti i giorni necessari per il rientro, cerco di organizzare al meglio i compiti e il recupero delle attività che, da remoto, a posteriori, posso definire impresa titanica.
Ordino online le cartucce per la stampante che aveva preso un periodo di riposo dopo il primo lockdown primaverile perché immagino dovrà essere utilizzata per stampare schede varie. Prenoto presso un laboratorio privato il tampone per i miei familiari: opto per incrociare le dita e scelgo test antigenico, in modo da non fare saltare loro troppi giorni di scuola e sperando che non insorgano sintomi nei prossimi giorni. Mi attacco al telefono cercando di rintracciare il mio medico di base per capire il da farsi.
Nell’attesa apro l’App Immuni che avevo scaricato in primavera e cerco, invano, di segnalare la mia positività per senso civico e perché in questa situazione la tracciabilità dei contatti è fondamentale. Niente, dopo un’ora di tentativi rinuncio.
Il medico mi risponde verso il tardo pomeriggio, devo dire stanco quasi quanto me e con le idee un po’ confuse, in ogni caso registra il mio caso sul portale di ATS e mi saluta, non mi ha chiesto neanche come mi senta. Mi dice di chiamare il 1500 se mi sento male e di attivarmi sul portale Milano-COR per prenotare il mio tampone di guarigione. Mi informo sul portale di Regione Lombardia: posso prenotare il tampone molecolare dopo 10 giorni dall’inizio dei sintomi se da 3 giorni non accuso sintomi esclusi ageusia e anosmia (perdita di gusto e olfatto), oppure dopo 14 giorni, oppure anche decidere di restare in quarantena 21 giorni senza sottopormi a nessun esame, opzione che scarto a priori perché l’idea di rimanere isolata un mese di certo non mi aggrada.
La speranza di poterlo eseguire con ATS, perciò senza pagarlo, è ancora viva per cui mi attivo cercando questo famoso portale Milano-COR. Dopo qualche ora dal colloquio con il medico mi arriva un sms sul cellulare con un codice di accesso per effettuare la registrazione, sono piacevolmente colpita, funziona. Mi precipito sul sito ed effettuo la registrazione.
Sul portale vanno registrate date e contatti, si possono segnalare cambiamenti dei sintomi, comparsa di nuovi, ecc. ma la parte che veramente mi interessa è quella della prenotazione del tampone che dice chiaramente sarà possibile prenotare solo dopo 10 giorni dal riscontro del test positivo, per cui mi dispero un po’, da giovedì 22 data inizio sintomi, il portale prende in considerazione il 25 ottobre, data della pubblicazione del referto su FSE.
Presa dal panico prenoto privatamente un tampone molecolare per lunedì 2 novembre, perché ho come l’impressione che qualcosa non funzionerà. I giorni passano lentamente, tra telefonate videocall con la mia famiglia e amici che non vedo ormai da più di una settimana.
Faccio un tentativo di prenotazione del tampone di guarigione con il medico di base che mi prospetta la riapertura del caso Covid segnalando la ripresa dei sintomi, declino gentilmente in quanto non vorrei rischiare di ricominciare da capo e inoltre i sintomi stanno sparendo piano piano.
Lunedì 2 novembre. I miei familiari ed i miei contatti si recano ad eseguire il tampone antigenico che fortunatamente risulta negativo, potranno tornare a scuola e al lavoro. Io invece ho dovuto eseguire quello molecolare, sempre a pagamento, ma il referto verrà consegnato solo alla fine della settimana in quanto la richiesta è molto alta ed i laboratori fanno il possibile, ma i tempi sono dilatati. Attendo ancora.
Oggi, 4 novembre, più per curiosità che per speranza butto un occhio sul portale Milano-COR e ancora non c’è possibilità di prenotare il tampone, sebbene siano passati 10 giorni dal referto del primo tampone positivo. Speranza persa.
Attendo fiduciosa l’esito che mi arriverà via mail venerdì (spero) e lo caricherò sul mio fascicolo sanitario elettronico in modo che sia visibile sia al mio medico che ad ATS. Andrà tutto sul portale? Forse. Queste settimane sono state formative: ho esercitato l’arte della pazienza e del problem solving!
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