E’ ancora molto diffusa l’idea che la violenza abbia a che fare, in qualche modo, con una predisposizione “naturale” propria dell’uomo. Questa idea, oggi riconsiderata nel suo statuto di ipotesi, è sostenuta dal riconoscere i comportamenti aggressivi come fenomeni legati ad un istinto primordiale che permane nell’evoluzione della natura e dell’essere umano.

Negli anni Ottanta del secolo scorso, la questione fu posta in occasione dell’Anno Internazionale della Pace. Su invito dell’Unesco, un numeroso gruppo di studiosi, provenienti da diversi parti del mondi e specialisti di varie discipline, si riunì per analizzare “le più pericolose e distruttive attività della nostra specie, la violenza e la guerra”.

Le conclusioni emerse dal confronto multidisciplinare diedero vita alla Dichiarazione di Siviglia sulla violenza del 1989. Gli studiosi espressero il loro accordo in cinque Proposizioni che possono essere così riassunte: non è scientificamente corretto affermare che la tendenza alla guerra sia una eredità che ci proviene dal mondo animale, che i comportamenti violenti, e quindi la guerra, siano programmati geneticamente nella natura umana, che l’evoluzione umana abbia selezionato il comportamento aggressivo a discapito di altre forme di coesistenza, che gli uomini abbiano un “cervello violento”  e che la guerra sia riconducibile a un istinto.

Ricordare oggi gli argomenti e le conclusioni sancite dal documento dell’Unesco significa richiamare alla responsabilità per promuovere e progettare la cultura della Pace, a tutti i livelli, istituzionale, collettivo e individuale. Noi pensiamo che sia nostra responsabilità agire come educatori, convinti che la scuola, a partire dall’infanzia, sia una grande occasione di confronto e di crescita personale. La pace si può apprendere e, quindi, si può insegnare poiché “la stessa specie che ha inventato la guerra può inventare la pace”.

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