Nel contesto attuale, la cooperazione sociale opera in un scenario disorganico che rende difficile tracciare con chiarezza prospettive a medio-lungo termine.

La cultura dominante del pensiero unico economico sul fronte imprenditoriale, s’è tradotto nel verbo manageriale della crescita e della competizione e anche “la Pubblica amministrazione tutto ha fatto per asservire la cooperazione sociale alle proprie prospettive ed esigenze, anziché valorizzarla come soggetto autonomo. Anche in questo caso l’elemento che…ha fatto più male e stata la sacralizzazione della competizione, costruita su una banale e in realtà infondata presupposizione di legalità amministrativa, ma in realtà legata al permanere di una visione profonda…antitetica alla sussidiarietà”( 1).

Ne è derivata la difficoltà diffusa a contrattare con la pubblica amministrazione che utilizza soprattutto la gara d’appalto:

  • le gare d’appalto pubbliche hanno durate brevi e non permettono investimenti e nemmeno la realizzazione di progetti a lunga scadenza. Le leggi di settore favoriscono inoltre una progressiva contrazione e frammentazione delle risorse e la riduzione delle progettazioni di alcuni tipi di intervento;
  • le commissioni di gara spesso sono composte da persone non del settore; la valutazione non richiede indici concreti; i capitolati non sempre sono chiari e quindi la valutazione dei contenuti non sempre coerente; la difficoltà di essere obiettivi può essere ridotta dalla presenza di un esperto nella comunicazione come per esempio uno psicologo.
  • è difficile costruire un nuovo e originale welfare fondato sulla sussidiarietà. Infatti il welfare attuale risulta carente di risorse e non in grado di sostenere e generalizzare forme imprenditoriali di cittadinanza attiva.

Cosa fare allora? Le riflessioni e i percorsi analizzati che riguardano le imprese sociali sono tanti. Per esempio mettere in campo un forte processo di innovazione nell’organizzazione dei servizi di welfare senza schiacciare un costo del lavoro già al limite della sostenibilità per le persone e realizzare una base univoca per evitare che il “fare impresa” si basi sulla speculazione dei lavoratori. A questo proposito ci viene incontro il nuovo codice degli appalti (N° 50 del 1804/2016 – comma 7 art. 95) che non prevede più offerte economiche bensì un budget definito dalla Pubblica Amministrazione uguale per tutti i concorrenti. Agli operatori il compito di presentare ognuno la propria proposta progettuale. Un altro percorso in atto in diverse regioni è la partecipazione congiunta dei soggetti pubblici e del privato sociale nell’erogazione di servizi, che secondo noi rappresenta un presupposto qualitativo imprescindibile e non surrogabile. Un processo che comporta una condivisione di strumenti e mezzi e una rivisitazione delle modalità di affidamento dei servizi sociali ed educativi e che si basa sulla coprogettazione e sull’accreditamento. A questo proposito può risultare efficace mettere in campo, nel processo di co-progettazione, anche la formazione congiunta tra il Terzo Settore e l’Amministrazione Pubblica con l’obiettivo comune di essere al servizio dei cittadini favorendo altrettanto una de-burocratizzazione e una progettazione realmente fondata sulle esigenze del territorio.

Articolo Di Laura Bortolotti, pubblicato sulla rivista “Bambini”, Settembre 2016

1) Felice Scalvini – La cooperazione sociale motore dell’imprenditoria, Cooperatives Europe ed Euricse (European Reserch Institute on Cooperative and Social Enterprises)

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