Una mamma adottiva di solito è un po’ una supermamma, perché passare le forche caudine delle assistenti sociali, delle associazioni e tutta la roulette russa prevista dalla legge italiana non è uno scherzo. E questo vale ancor più per i papà, che sono meno propensi delle donne, in genere, ad affrontare psicologi e interrogatori invasivi.

D’altra parte un bimbo abbandonato ha diritto ad avere dei genitori “skillati” che siano in grado di prendersi cura di lui, consapevoli che i problemi possono essere molti e non banali. Trasformare in punti di forza i buchi neri di un bebè abbandonato sembra meno difficile che farlo con un bambino più grande. Ma non è affatto detto. Anzi, a volte può essere più difficile. E, come tutti i genitori, anche i genitori adottivi non sono mai veramente preparati a quel ciclone chiamato “figli”. E’ la vita. Prepararsi in effetti aiuta. Nel caso dell’adozione dei neonati non c’è ancora una grande cultura in Italia. E questo significa che se adottate un bebè, non sempre “gli esperti del settore” sapranno darvi dei buoni consigli. Vale la pena, come per tutti i genitori, farsi delle basi per poi comprendere cos’è meglio per il proprio bambino e per voi.

Masal Pas Bagdadi è una psicoterapeuta italiana molto nota e di grande esperienza (è nata nel 1938 a Damasco). Ha scritto molti libri, tra i quali “Sono stato nella tua pancia? Come affrontare con intelligenza e creatività le difficoltà tra genitori e figli adottivi“, poi aggiornato negli anni.

Se pensate di diventare genitori o lo siete già, Masal sarà per voi un bel punto d’appoggio. Anche se avete adottato un piccolino. I bambini adottati da neonati non hanno ricordi di istituti, mamme e papà precedenti…. per questi bebè, anche se nati in Italia e presi presto tra le nostre braccia, non è banale comprendere e accettare una realtà che nella loro mente non è mai esistita ed è un argomento da affrontare con grande delicatezza. Senza parlarne per capire come gestire le cose in presenza del proprio figlio, magari mentre dorme in macchina, perché “tanto non capisce”. I neonati e i bambini piccoli non capiscono le singole parole ma sono estremamente percettivi, a volte più di noi. In questo libro Masal, che è stata anche una grande educatrice (a Milano gestiva un suo asilo nido) suggerisce un gioco meraviglioso per aiutare le mamme a rispondere alla fatidica domanda: mamma, ma io sono stata nella tua pancia?

E la mamma potrà raccontare una verità che è una verità del cuore, che cura e lenisce le ferite ricucendole con l’amore….e giocando al gioco della nascita. Per esempio dicendo: no tesoro, non sei nata dalla mia pancia, ma è come se lo fossi. E da lì parte un gioco speciale, tenerissimo che i figli del nostro cuore amano molto. Quanto ho voluto proprio te, desiderato proprio te. Ecco…. esci dalle lenzuola stai per nascere … ecco ci sei! Oh…Sei arrivata, arrivato tra le mie braccia…. aspetta! Fatti contare le dita dei piedini. Che belle manine. Fatti dare un bacino sull’ombelico (gesto molto simbolico) Oh che bambina meravigliosa, come sei bella figlia mia, figlio mio…. E abbracci e bacini e carezze e belle paroline. E coccole e latte. Perché un bambino abbandonato crede sempre che la colpa sia sua. Perché è brutto. O gli manca qualcosa. Allora il vostro gioco e il vostro amore lo aiuterà a riempire un pochino alla volta quel grande buco nero. E lei, o lui, sapranno che voi ci sarete sempre e che per voi è bellissima, bellissimo e si sentiranno “la meraviglia divina” che ogni bambino del mondo è e ha diritto di sentirsi. Se invece vostro figlio è ancora troppo piccolo per parlare con voi a parole e gli date il biberon, attaccatelo al seno, prima, dopo, quando vuole. Tenetelo vicino a voi tantissimo. Portatelo nel marsupio. Massaggiatelo e cantategli canzoni, ninne nanne e filastrocche. Come si fa con tutti i bimbi, ma di più. Senza spaventarvi, dategli tutto il contatto fisico che gli serve. Quando sarà il momento delle domande saprà già che è vostro figlio. Relativamente vostro, perché nessun figlio lo è. E tutti lo sono. Come diceva il grande poeta Gibran, noi siamo l’arco e i figli sono le frecce.

Affronteremo in altri articoli argomenti utili per le famiglie adottive. Masal Pas Bagdadi è un buon inizio perché per via della guerra ha perso la sua famiglia d’origine da bambina (per poi ritrovarla da ragazza), scappando dalla Siria con la sorella grande per salvarsi. Trovato un rifugio sicuro in un kibbutz, privata anche della sorella, ha sofferto molto della separazione ed è stata un po’ adottata anche lei, sebbene in circostanze diverse da quelle di un’adozione “classica” (ma esiste un’adozione classica?). Nella sua autobiografia, ricorda di aver ricevuto in regalo una bambola con la testa rotta, da cui non si separava mai. Ha cucito e ricucito la sua bebè e, con l’ingenuità e la naturalezza di una bambina ha capito che nella vita le cose si possono aggiustare. Forse per questo, sa spiegare e comprendere più facilmente di altri le difficoltà dei bambini adottati e dei loro genitori. E dare soluzioni anche pratiche, come il gioco della nascita.

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