In questa società frenetica e in continua trasformazione, noi genitori non riusciamo più ad avvalerci di punti di riferimento stabili: il modello educativo trasmesso dai nonni, fondato sul sostegno ed il supporto della famiglia allargata, sta scomparendo.
Contemporaneamente una visione “produttiva” ha investito la nostra vita e ha identificato la felicità con il guadagno.
Questi cambiamenti ci hanno portato da un lato a iperproteggere i nostri figli, spesso privandoli degli strumenti per gestire emozioni e sentimenti, dall’altro a caricarli di tensioni da prestazione.
Le più moderne ed accreditate teorie scientifiche affermano che la capacità di identificare, gestire ed esprimere le emozioni si configura come fondamentale elemento di equilibrio dell’essere, quindi come il miglior fattore di protezione dal disagio, dal disadattamento e dalla devianza.
(tratto da La Carta di Lisbona, Marzo 2000)
Imparare ad identificare, a distinguere, a nominare, a dialogare con le proprie emozioni diviene allora lo strumento basilare per gestire in modo più consapevole gli schemi interpretativi di decodifica della realtà e delle situazioni critiche, senza esserne sopraffatti o rassegnarvisi.
Nonostante possano essere presenti componenti ereditarie innate nell’atteggiamento ottimistico o pessimistico, come pure nel temperamento (timidezza, spavalderia, allegrezza, malinconia) questi non sono immutabili nel tempo. L’esperienza e l’educazione possono trasformare le predisposizioni, favorendo in noi la capacità di esercitare un controllo sulle nostre reazioni. La mente è un complesso sistema che non cessa mai di modificarsi e di creare nuovi stati di equilibrio, anche in età adulta. Insegnare ai bambini fin da piccoli a dare un nome alle emozioni, a comprenderle, a gestirle significa compiere un grande passo nella riduzione delle criticità che si possono manifestare in età adolescenziale e adulta e che si esplicitano in fenomeni quali: l’aggressività, la depressione, i disturbi alimentari, la dipendenza da sostanze, l’incapacità di rinviare le gratificazioni, di affrontare e gestire le difficoltà, lo stress, le frustrazioni ed i fallimenti.
La facilitazione dell’esperienza emotiva, nell’autocoscienza del sé e nella relazione, intesa come incontro con l’altro, diventa quindi l’obiettivo di un’educazione all’emotività che non comprime le emozioni ma, piuttosto, le rende comprensibili, accettabili, nominabili, fruibili e condivisibili da tutti e con chiarezza.
Crediamo che non sia corretto parlare ai nostri figli di emozioni positive o negative, attribuendo un giudizio morale, bensì sia fondamentale e corretto parlare loro di emozioni, tutte da provare e conoscere, perché tutte necessariamente legate al vivere. Il recupero delle emozioni dolorose viene visto, quindi, come restituzione di una dimensione del vivere, che non è quella degli eroi imbattibili dei video games, dei cartoni giapponesi e dei film d’azione, ma quella realistica più comune e quotidiana.
Come noi genitori possiamo educare i nostri figli alle emozioni?
Prima di tutto è necessario riconoscere le nostre emozioni ed “etichettarle” correttamente: se abbiamo litigato con il partner oppure siamo malinconici e il bambino ci chiede che cosa abbiamo, non rispondiamo genericamente affermando di essere stanchi, piuttosto sforziamoci di nominare l’emozione che stiamo vivendo, cosicché il bambino possa a sua volta precisare le proprie di emozioni. La difficoltà vera è quella di riconoscere la nostra emozione. Iniziamo con un semplice esercizio: ogni tanto fermiamoci e contattiamo l’emozione chiedendoci “adesso cosa sento? come mi sento?”
Letture consigliate:
Daniel Goleman è il precursore della teoria sull’intelligenza emotiva ben descritta nel libro dal titolo omonimo pubblicato anche in edizione economica.
L’approccio di Eureka!
Nei servizi Eureka!, siano essi asili o ludoteche, ogni emozione manifestata dal bambino viene nominata e dichiarata dall’adulto così da permettere al bambino stesso di riconoscerla e di associarla al linguaggio. Le esperienze proposte ai bambini sono diverse e basate sull’esperienza emozionale, sul gioco, sul divertimento, sulla libertà di scelta, sul rispetto dei ritmi e degli interessi di ciascuno. In questo contesto, la vita di gruppo ed il laboratorio rivestono particolare importanza:
- la vita di gruppo permette di vivere le emozioni nell’incontro con l’altro da sé;
- il laboratorio è un ambiente ideale per dare forma alle emozioni e al pensiero creativo, per educarci all’ascolto ed alla percezione del nostro valore attraverso l’utilizzo dei sensi e per abbracciare esperienze sensoriali, mentali, emozionali, il visibile e l’invisibile: il segno, il disegno, il colore, la manipolazione, l’ascolto di musica, l’osservazione della natura, la lettura di fiabe, il movimento, la danza, le immagini, i profumi, i cibi, la paura, il dolore, la frustrazione, il disgusto, la rabbia, la gioia, la malinconia, l’orgoglio, il piacere, l’amore di sé e per gli altri.
Letture consigliate:
- “Il bambino nascosto favole per capire la psicologia nostra e dei nostri figli”
- *Aiutare i bambini… a superare lutti e perdite”
- “Aiutare i bambini… che temono di non essere amati” attività psicoeducative con il supporto di una favola di Margot Sunderland
di Alba Marcoli
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